03 marzo 2007

STORIE DI CINEMA (E D’ALTRO)

da Pier Franco Schiavone

Per chi ama il cinema Italiano e gli sia sfuggito questo libro della Garzanti.

Si tratta di un’intervista a Suso Cecchi d’Amico resa alla nipote. Nel libro, divertente, racconta la sua storia ma rivela anche il modo con cui certi signori, che si chiamavano Flaiano, Rota, Zavattini, Visconti, pensavano e realizzavano capolavori assoluti. Prima di questo libro non immaginavo che, letteralmente, qualcuno si sedesse al tavolo e, a costo di ammazzarsi di lavoro, buttasse giù la sceneggiatura di un film, magari in pochi giorni e litigando furiosamente col committente. Io credevo che la sceneggiatura di un film come, per esempio, Ladri di biciclette, fosse il risultato di un lungo e tormentato travaglio interno. Erano scrittori veri ma, all’uopo, anche artigiani geniali.

10 commenti:

Solimano ha detto...

In quegli anni, tutto nel mondo del cinema succedeva con rapidità, in Italia e fuori: Bergman nello stesso anno, il 1957, fece Il Settimo Sigillo e Il Posto delle Fragole, ma di esempi se ne potrebbero fare tanti. Per le sceneggiature, succedeva come nel periodo d'oro dell'opera lirica: i librettisti cambiavano le parole momento per momento durante le prove, lavoravano con furia veloce con i musicisti. Ci sono le memorie di Lorenzo da Ponte, il librettista delle tre grandi opere italiane di Mozart, che sono assai vivaci. Credo che quando si ha veramente qualcosa da dire la fretta e la furia aiutino a dirlo meglio. Oltre a tutto si devono essere divertiti moltissimo, magari litigando anche fra di loro, perché no.
Ciao Schiavone.

Primo Casalini

Isabella Guarini ha detto...

Penso che il momento più creativo sia quello iniziale di ogni nuova arte, come la fotografia e il cinema. Dopo le fase sperimentale, in cui tutto è possibile,vi sono le codificazioni, le regole ad excludendum, a causa della formazione di lobby economiche, che detengono il potere e non lasciano spazio a successive innovazioni. Avviene così anche in politica, agli albori della democrazia tutti sono eleggibili, poi si finisce con l'essere governati sempre dagli stessi. In questo momento ci troviamo in una fase di stabilizzazione e rafforzamento dell'establishment globale in tutti i settori proprio a causa delle nuove tecnologie che rendono più forti i forti e più deboli i deboli, più ricchi i ricchi e più poveri i poveri, più
famosi i famosi e più massa la massa. Saluti, Isabella Guarini

Solimano ha detto...

Un esempio di quello che dici, Guarini, è quello che successe con la rivoluzione d'ottobre in Russia. Sorsero e si espressero grandi talenti in letteratura, teatro, pittura, cinema, musica: Bulgakov, Majakovskij, Eisestein, Pudovkin, Chlebnikov, Ackmatova, Malevic, Shostakovich, Prokofiev, Esenin sono i primi esempi che mi vengono in mente. Poi sappiamo come è andata: la repressione perseguita anno per anno è stata tale che ancora oggi la Russia non si ha ripresa il suo posto, che non può essere che grande.
Dissento un po' riguardo alle nuove tecnologie: credo che la rete sia una grande opportunità, solo che occorre saperla cogliere, è qui il punto. Per farlo, occorre costituire dei piccoli gruppi con un progetto comune, una buona base culturale e di scrittura, e in cui ci sia un vero rispetto reciproco, non un birignao ziesco.
Io lo sto perseguendo con i Bei Momenti, con Stile libero, con Farfalle nella Rete e ne sono contento, lascio perdere l'uso malsano della rete che è come certi fuochi d'artificio: tante scintille momentanee e poi una lieve puzzetta di polvere da sparo, non si va da nessuna parte, così.

buona domenica
Primo Casalini

Isabella Guarini ha detto...

Caro Casalini, ho menzionato le nuove tecnologie nel loro uso negativo per esemplificare il discorso sulla perdita di creatività nello stabilizzarsi di una data situazione. Condivido quello che dici sull'uso in positivo delle rete. Anzi ne sono una sostenitrice perché credo che la rete, se ben usata, possa concorrere a migliorare i rapporti tra chi ha il potere e chi non ce l'ha, in tutti i campi.
Per quanto riguarda le avanguardie russe, è interessante la vicenda dell'architettura costruttivista in Città e Rivolzione- Architettura e urbanistica sovietiche degli anni venti- di Anatole Kopp, a cura di Emilio Battisti,Feltrinelli,1972. Un libro, forse non più reperibile in commercio, ma fodamentale per comprendere il rapporto tra architettura e politica della collettivizzazione.

Pier Franco Schiavone ha detto...

Scusatemi ma non credo che il cinema abbia perso la sua forza creativa. Anzi, credo il contrario. Pensate, dal punto di vista tecnico, al passaggio dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, dal cinema tradizionale alle moderne tecnologie che hanno aperto una nuova immensa frontiera. Oggi non si registra più su pellicola. Sul piano più squisitamente intellettuale, il cinema francese degli anni ’40 e ’50, il neorealismo Italiano, il cinema tedesco degli anni settanta, il cinema Svedese e sullo sfondo l’enorme eterna capacità d’innovazione del cinema americano, da Quarto Potere a Blood Diamond, da Chaplin a W.Allen. Oggi sta emergendo il cinema dei paesi del terzo mondo. Pensate solo a cosa rappresenterà il cinema Africano quando potrà esprimersi ai massimi livelli. Perché dite che ha esaurito la sua carica innovativa?

Solimano ha detto...

Schiavone, come ha ben detto Zeri, il cinema è stato l'arte-guida del '900. Con alti e bassi di ogni tipo. Basti pensare alla crisi artistica quando arrivò il sonoro (progresso tecnico), nel momento in cui il muto dava il massimo di sé, soprattutto come espressività della recitazione e costruzione delle storie. Poi, il codice Hays, che irrigimentò i film d'amore (hai visto qualche film di Lubitsch prima dell'Hays?) e così via. Non so il futuro, credo che una cosa importante mancherà: il grande schermo, sempre più ci toccherà vedere i film negli scatolotti, TV o schermi PC che siano. Dovrebbero sorgere dei centri specializzati ad alto livello, non i cinemini d'essai, proprio per ridarci questa emozione: vuoi mettere, vedere Quarto Potere su grande schermo? O Il Mucchio Selvaggio? Concordo sui film orientali, c'è stato molto di buono in questi anni.
Ciao

Primo Casalini

Pier Franco Schiavone ha detto...

È vero quello che dici, Casalini. Il codice per fortuna non esiste più da una quarantina d’anni, credo. Ricordo anche le censure operate dai parroci, affisse nelle parrocchie, su tutti i film che non fossero il Re dei Re o La Tunica. Da bambino ricordo che andavo sempre a leggere il consiglio (si fa per dire) del parroco ma poi invariabilmente chiedevo le 150 lire a mio padre e mi recavo a peccare. È vero anche che in ambito cinematografico sono nate molte lobby a difesa di interessi economici, ma quello che tenevo a dire è che comunque il cinema mostra una grande vitalità. Sono totalmente d’accordo sul fatto che bisogna preservare la fruibilità di questo straordinario spettacolo nei luoghi deputati. Devo dire, e spero di non sbagliarmi, che la scomparsa dei cinema di quartiere nelle città non mi preoccupa molto considerando che stanno nascendo i cinema multisala dove lo spettacolo raggiunge il massimo; mi preoccupa di più la scomparsa dei cinema di provincia, specie al sud. Nel mio paesino d’origine il cinema è diventato prima una rimessa e poi una palestra ed ora per vedere un film in una sala, i 2500 abitanti devono percorrere 40 Km.

Isabella Guarini ha detto...

Zeri aveva pienamente ragione nel dire che l'arte per antonomasia del '900 è stato il cinema. È l'arte che è riuscita a rappresentare il movimento: lo spazio-tempo che tutta l'arte precedente aveva tentato di fare. Sin dall'antichità il movimento è stato staticamente rapppresentato, il discobolo nell'atto di lanciare il disco , ma non la lancia mai, il panneggio standard delle vesti, lo slancio in diagonale della figura, le processioni egiziane, con grandi faraoni in primo piano e la corte degradante verso la fine del corteo. Tanti modi per indurre a pensare al movimento, poi il Cubismo, il Futurismo. Ma sarà la ripresa fotografica ad attuare il sogno di rappresentare il movimento nel suo svolgersi nello spazio.
Purtroppo l'arte cinematografica è quasi immateriale in quanto tutta la sua complessa macchina realizzativa scompare in una stretta striscia di plastica.
È un'arte caduca , come il tempo che viviamo, e sottoposta a una rapida obsolescenza. Per questo non saprei dire come andrà a finire. Isabella Guarini

Pier Franco Schiavone ha detto...

Terzani diceva, in maniera inelegante ma efficace, che un film è come una scoreggia che all’inizio si sente ma poi si perde nell’aria. In realtà oggi è possibile copiare i film su supporti diversi dalla pellicola ma anche se non fosse, pensate a quanto ha inciso sul costume un film come “Ultimo Tango a Parigi” di cui solo casualmente si è conservata una copia; se fosse scomparso non si sarebbe modificato in nulla il suo impatto culturale, eppure si trattava di un film, oggi lo possiamo dire, persino scadente. Per non parlare poi di film come “La Dolce Vita” le cui conseguenze sull’immaginario collettivo internazionale, riguardo all’Italia, sono ancora evidenti; grazie a quel film abbiamo dato il nome persino ad un maglione e ad un tipo di fotografo di gossip. Tornando al mio post precedente, ho omesso una cosa importante, non ci sono quasi più locali dove vedere film come Quarto Potere, oppure i film che non riescono ad entrare nei grandi circuiti della distribuzione. Considerando che anche ove un film di un autore emergente ma difficile fosse finanziato dallo Stato, non resisterebb nemmeno 1 giorno in una multisala. Forse certe strutture minori andrebbero tutelate dallo Stato ma, credo, chiunque provi oggi a fare una proposta del genere verrebbe immediatamente rinchiuso in un manicomio.

Solimano ha detto...

Bella discussione, questa, che mostra le potenzialità non colte che avrebbe il blog. Anzitutto, un MovieBlog avrebbe molto più successo che il BlogBook perché tutti hanno una cultura cinematografica, mentre la cultura dei grandi libri è di pochi (altro segno che Zeri aveva ragione).
Sui film che non trovano canali di distribuzione sarei un po' perplesso: spesso non li trovano perché non lo meritano, e ci sarebbero le solite manfrine che tu sai. Ma sui grandi film riconosciuti la cosa è auspicabile e possibilissima. L'Arena di Villa Ghirlanda di Cinisello Balsamo è il cinema all'aperto più bello della Lombardia: ogni estate proiettano i film migliori della stagione appena chiusa: mille posti sempre pieni. Basterebbe che a livello enti locali (non stato) si decidesse di prenotare una sala con schermo grande in una multisala una sera alla settimana, col programma di far vedere su grande schermo i film che tutti sappiamo, da La Dolce Vita a Nashville, da Pulp Fiction a I Sette Samurai, a Il Gattopardo a Il Fascino Discreto della Borghesia etc etc. Costerebbe quattro soldi, una cosa del genere, molto meno di una delle tante mostriciattole locali di raccomandati che non frega niente a nessuno. Appena trovo un po' di tempo, andrò dal sindaco di Monza a proporgliela, peccato che adesso abbia la campagna elettorale che probabilmente perderà...

Primo Casalini