da Pietro Bellomo
[Questa recensione dovrebbe essere letta prima di quella di “Notre Dame de Paris”]
Affrontai Flaubert piuttosto diffidente, convinto com’ero che a 40 anni non si potesse scoprire più niente che potesse cambiare il modo di vedere le cose. “Madame Bovary” arrivò in un momento in cui forse la mia superbia aveva raggiunto il livello di guardia. La descrizione del nulla che spesso circonda anche quanto di più intimo, come l’amore, sentiamo, mi lasciò francamente atterrito. Ero anch’io, come la Bovary, solo un imitatore dei sentimenti altrui? Ed esistono infine questi sentimenti?
La storia di Emma, che sposa un uomo tanto banale quanto infine irreale anch’egli, e che si costruisce un mondo di amori passionali e travolgenti passioni solo “da romanzo”. (...)
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1 commento:
Leggere Flaubert fa bene. Forse non come piacere di lettura, ma come terapia d'urto contro le menzogne che si annidano dietro la maschera della parola "amore", parola sospetta. Dopo, uno, sentendosi nudo, cerca un suo ubi consistam e un bel giorno capisce che occorre parlare di pulsione di dominanza, di fame di carezze, di autostima, di creatività. Sono tutte cose reali, che si "toccano". Allora si vive meglio, facendo vivere meglio gli altri - e le altre - anche grazie a Flaubert.
Primo Casalini
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