20 febbraio 2007

DIETRO L'IMMAGINE

da Primo Casalini, Monza

Nella drammatica lotta - c'erano tanti soldi in ballo - fra Bernard Berenson, Roberto Longhi e Federico Zeri, io tifo per Zeri, un irregolare tagliato fuori dalla carriera accademica. Gli toccò andare a fare i cataloghi dei grandi musei USA. "Dietro l'immagine" raccoglie cinque sue splendide conferenze e lo consiglio a tutti, specie a chi d'arte sa poco, Zeri è un genio che sa far capire senza diventare un divulgatore. Fantasia, creatività, competenza in azione: una meraviglia.

9 commenti:

Pier Franco Schiavone ha detto...

Bel libro davvero, illuminante. Una volta, quando riuscivo a vedere il canale francese France 2 in chiaro dal mio televisore ho assistito ad un dibattito il cui ospite di riguardo era Federico Zeri. La sua competenza e la sua autorevolezza furono ammirevoli. Una delle volte in cui mi sono sentito fiero di essere Italiano.

Isabella Guarini ha detto...

Caro Schiavone, non sono molto d'accodo su quanto dici. Sentirsi fieri di essere italiani per il tramite di un critico d'arte non paga. Penso che sia meglio sentirsi fieri di tutta l'arte che generazioni d'artisti hanno prodotto in Italia sin dall'antichità. Se, poi, c'è qualche critico senza piaggeria, è ancora meglio.Saluti, Isabella Guarini

Solimano ha detto...

Di Zeri ricordo in particolare la polemica al tempo delle false scultura di Modigliani ritrovate in un canale di Livorno. Nei primi giorni quasi tutta la nomenclatura dei critici - Argan in testa, ahimè - si schierò per l'autenticità e Zeri, tranquillo e deciso, dichiarò subito che si trattava di falsi palesi e grossolani, come apparve chiaro poco dopo. Di imprese del genere ne fece diverse, aiutato da una competenza sul campo che lo portò addirittura a conoscere personalmente i falsari, e a sapere i loro metodi, a volte molto sofisticati.
Ha scritto anche un libro, "Confesso che ho sbagliato" in cui racconta i suoi difficili rapporti con l'establishment italiano, fatto spesso di glorie critiche che si afflosciano fra Domodossola e Chiasso: Sgarbi, che fu suo allievo, ne è un esempio.

Primo Casalini

Isabella Guarini ha detto...

Caro Primo, anch'io apprezzo Zeri e la sua opera contro i falsari. Ma il commercio dell'arte non è,per me, un campo nel quale trovo soddisfazione. Preferisco il dialogo diretto con le opere d'arte che parlano allo spirito, a prescindere dalla critica e dai valori economici. Oggi, purtropoo, le mostre d'arte sono diventate dei veri affari per chi le allestisce. La folla dei visitatori, guidati e trasportati da una città all'altra, non è segno di amore per l'arte, ma di consumo senza senso.Isabella Guarini

Solimano ha detto...

E aggiungo una cosa per Guarini. Sì, la storia artistica d'Italia è mirabile, proprio per questo mi indigno quando, per documentarmi su Brera, debbo andare sulla Web Gallery of Art, non sul sito di Brera che non mi dà nessun valore aggiunto né di testo né di immagini. Non è un problema di costo, ma di volontà e di serietà. Io sono solo un dilettante che ama approfondire, possibile che su certe cose siano meglio i miei Bei Momenti - una piccola cosa - di quello che scrivono in rete gli addetti ai lavori? Non va bene, credo che perdano troppo tempo in sgomitamenti e lobbistica, all'estero succede molto meno, è un vizio nostro. Ma ne riparleremo, secondo me tutti e tre in fondo ci capiamo.

Primo Casalini

Pier Franco Schiavone ha detto...

Cara Guarini, non mi sono espresso bene. Sono fierissimo dell'arte Italiana, ci mancherebbe altro. Quanto a Zeri non mi riferivo al fatto che parlasse di arte Italiana, anzi il tema era altro, mi riferivo alla sua competenza.

Isabella Guarini ha detto...

Quando ero studente e andavo per i musei e monumenti d'Europa per motivi di studio, ricordo che incontravo pochi visitatori. Non vi era, tranne in alcuni rinomati musei, tanta folla da richiedere la prenotazione. Cosa per me orrenda e limitativa della libertà di godere del patrimonio artistico.Nel centro antico di Napoli,il meno consumato dal turismo di massa, si potevano visitare le stratificazioni da 2700 anni nell'atmosfera della quotidianità. Infatti, andavo a mangiare la pizza in un ristorante appoggiato al basamento del Campanile di Santa Chiara e all'interno era possibile sedersi sulle possenti modanature del basamento.Poi venne il restauro conservativo e la vita fu spazzata via. Ancora,in un aula del Liceo di mia figlia, è ancora possibile toccare il bugnato a punta di diamante, che costituisce la parete di divisione con la celebre chiesa adiacente. Speriamo che non scaccino anche il Liceo!

Solimano ha detto...

Guarini, tranne che in certi grandi musei, tipo Uffizi, Musei Vaticani, Galleria Borghese (forse), il problema della ressa, delle comitive, guide ed auricolari compresi, è un problema che non vedo. Mentre invece c'è eccome nelle grandi mostre temporanee, tipo "Turner e gli impressionisti" a Brescia, a cui sono stato una settimana fa. Marco Goldin, il deus ex machina, è anche criticato, ma è riuscito a portare i visitatoori annui della Tosio Martinengo di Brescia a 50.000 da 10.000 che erano, ed è una bella cosa. A Parma, la domenica mattina, andavo alla Galleria Palatina (duecento metri da casa mia) pure col giornale sottobraccio, e mi guardavo con calma non più di venti quadri. I custodi, divenuti miei amici, mi portarono poi a vedere i depositi, ricchi di belle cose non esposte. Questo, se stiamo attenti, è ancora possibile. Buona serata.

Primo Casalini

Isabella Guarini ha detto...

Caro Casalini, qualche volta a Louvre mi sono trovata nei pressi della Venere di Milo in una ressa di visitatori Giapponei che cercavano di toccare il piede della Venere per poi strofinarsi la fronte.Pare che porti fortuna. Ho provato,invece, una grande emozione vedendo,in una sala riservata a pochi visitatori, i prigioni di Michelangelo,immersi in un silenzio quasi magico. La stessa magia che si prova nei piccoli musei locali, poco frequentati, in cui è possibile sentire i mobili che scricchiolano e i passi di antichi guerrieri. Quando studiavo il Barocco a Napoli andavo per chiese e assaporavo l'ambiente barocco nella scarsa illuminazione in cui scintillavano gli stucchi dorati e i marmi policromi, mentre nel silenzio della sera le donne, ancora velate di nero, sgranavano il rosario in latino maccheronico. Sembrava che il tempo si fosse fermato. Oggi la luce artificiale toglie ogni spazio all'immaginazione e le donne velate non ci sono più.